Maratona di New York

Oggi è il gran giorno: la mia prima maratona! Sono molto teso e con la paura di non riuscire a terminare la gara. È mattina e il pullman è davanti l’albergo e appena salito vorrei trovare una scusa o stare male per non fare la gara così, se dovessi fallire nell’impresa non mi farei figuracce, (per fortuna sono solo pensieri che passano per la testa e che non sarei capace di eseguire….) Il viaggio dura una mezz’ora, appena arrivato saluto i miei amici di viaggio (ero in buone mani…tutti dottori!)e ci dividiamo perché loro hanno un’altro numero di pettorale e devono entrare in altri box di partenza. Manca un’ora e mezza alla partenza, entro nei box e fa tanto freddo. Sono già scalzo e la gente inizia a commentare, mi sento osservato… Mi siedo per terra sopra un cordolo del marciapiede e gli americani mi domandano cosa facessi senza scarpe. La mia adrenalina cominciava già a salire prima della gara, comunque in qualche maniera sono riuscito a spiegare che cosa volessi fare…. Alle mie spalle c’erano giornalisti e televisioni di tutto il mondo e fui tentato di andare a presentarmi raccontando l’impresa che volevo svolgere ma per scaramanzia non l’ho fatto. Non avevo niente addosso e il freddo si faceva sentire, la mia paura era che se non fossi riuscito a scaldarmi non sarei nemmeno potuto partire, ma arriva il miracolo! Un gruppo di giovane ragazze (organizzatrici) mi diede una coperta marrone, e imbarazzato per il gesto che fecero, le ringraziai molto. L’attesa è interminabile, ma ecco…lo sento, è lo sparo d’inizio! Per fortuna partivo tra i primi perché avevo il numero pettorale abbastanza basso (ero il 3765 su 50000). Passando sotto il ponte di Brooklyn (Terrazzano) non riuscivo a credere di essere lì a fare una tra le più belle maratone del mondo. Ero molto impressionato per la quantità di gente presente a bordo strada e che incitava, e al vedermi passare urlava ancora di più perché si accorgevano, stupiti, che ero senza scarpe; per mezza gara ho pianto per questa forte emozione e non sentivo nessun dolore ai piedi, non mi ricordavo nemmeno cosa fosse il dolore …. Dopo 2 ore di gara dovetti spostarmi dal bordo strada e correre al centro perché la gente era così tanta che gli urli e le incitazioni che mi facevano erano assordanti (niente di più bello!). L’asfalto era brutto e incominciavo ad avere i piedi sanguinanti e pieni di bolle e qui i dolori e i brutti pensieri si facevano più reali. Troppo reali. Dal male volevo sospendere la gara ma dentro di me pensavo e guardavo quelle scritte che mi sono fatto stampare sulla maglietta: mamma,papà e Candida; che cosa avrei potuto raccontare in Italia al mio rientro? Quando il fisico non ce la faceva più, ho tirato fuori carattere e mente.I tanti e lunghissimi ponti erano difficili da superare e me ne ricordo uno che non era asfaltato ma aveva le griglie di ferro con un fine tappeto rosso che le ricopriva; passarci sopra a piedi nudi è stato terrificante perché ad ogni falcata, la mia pianta dei piedi, sentiva ogni singola barra di metallo. Ad ogni mio passaggio la gente urlava e mi incitava sempre, esclamando: “no shoes!!! no shoes !!!!”
In un incrocio dei ragazzi in giacca e cravatta, scavalcarono le transenne e mi inseguirono per un bel tratto di strada indicando alla folla che ero scalzo e mi diedero la grinta necessaria per continuare.. arrivato al 30 km ero entusiasta, non riuscivo a credere di essere arrivato già fino a lì, ma la sofferenza peggiore era passare ai rifornimenti di bevande perché il Gatorade buttato a terra, mi andava sulle ferite provocandomi un dolore atroce ( essendo formato da sali minerali dava la stessa sensazione di buttarci il sale sopra!). La zona del Bronks è veramente pericolosa come si vede nei film; giravano tanti tipi loschi e a differenza di tutto il tracciato qui regnava un silenzio bestiale. Sembrava che la polizia stessa, avesse timore a stare lì, e la tensione era palpabile. E’stato indimenticabile e quasi irreale passare dal caos delle incitazioni a quel clima da sparatoria da far west… Ma ecco rituffarmi in pieno ritmo e calore della gara in Central Park. Mancava forse un miglio al traguardo quando mi prende un crampo alla gamba da farmi urlare per il dolore e dico addio alla gara, ma grazie al tempestivo aiuto di un paio di ragazze (professioniste?) che presero a massaggiarmi, ed in un batter d’occhio mi fecero sparire il dolore e così ripresi la mia corsa. All’arrivo, non riuscivo a credere all’impresa che avevo compiuto, mi sentivo fortissimo, invincibile e con tantissima (ma tantissima) adrenalina nel corpo. Ho concluso sotto le 4 ore esattamente in: 3h 57min e 18 sec. Mi sono posizionato nello scaglione dei 10000 e 12000 atleti si sono dovuti ritirare.